per evitare fraintendimenti
Vorrei richiamare l'attenzione di tutti coloro che si interessano alla protesta di Valle Giulia su un rischio, che mi è capitato di rilevare in questo inizio della attività.
Tale rischio riguarda la possibilità che la nostra particolare forma di mobilitazione risulti poco chiara all'opinione pubblica e agli stessi studenti non addetti ai lavori.
Uno degli avvenimenti che mi ha fatto riflettere su questo è stato l'uso del verbo "occupare" nello striscione appeso sull'ingresso della facoltà. Nonostante sia esplicita la portata "ironica" della risemantizzazione paradossale che la parola subisce nella frase specifica, credo che il concetto di "occupazione" evochi necessariamente modelli di protesta da cui ci si vuole differenziare.
Tali evocazioni comportano l'attribuzione di significati che, in una forma di comunicazione immediata come lo slogan, finiscono col prevalere su quelli che era nostra intenzione trasmettere.
Intendo riferire questa considerazione anche ai titoli degli articoli pubblicati dai quotidiani negli ultimi giorni. Infatti, nonostante la situazione sia spiegata per esteso nello svolgimento degli articoli, la visibilità e l'immediatezza comunicativa del titolo sono servite a trasmettere un messaggio sbagliato.
Allo stesso riguardo vorrei porre in luce un altro avvenimento. Stamattina si è svolto in Aula Magna un seminario, tenuto dal prof. di Paola, volto a chiarire la contingenza economica in cui si trova oggi il mondo occidentale, in particolare l'Italia. Questo è avvenuto durante lo svolgimento della didattica, non permettendo a chi aveva lezione nello stesso orario di seguire entrambe le cose (nell'aula della prof.ssa Sinopoli si è scelto all'unanimità di seguire il seminario, che ha sostiuito la lezione).
Dal momento che gli oppositori alla protesta fanno leva sulla (presunta) prepotenza dei manifestanti che impedirebbero il regolare svolgimento didattico, credo che questa questione vada trattata con un'attenzione particolare.
Senza alcun intento polemico, mi auguro che queste considerazioni possano essere spunto di riflessione per chi si sta impegnando ad organizzare la nostra mobilitazione.
Pietro Zampetti